Da sempre il teatro e le altre forme artistiche hanno avuto un forte potere benefico sulle comunità. Spesso, si tende a considerare la cultura, l’arte, un bene astratto e in qualche modo elitario. Per così dire un “luogo del bello a porte chiuse”.
Per me il teatro non ha pareti. Se è vero che la sala teatrale di una città è tra i fulcri portanti ed essenziali di un territorio, è altrettanto vero, direi necessario, assecondare la sua dirompente forza liberandola nelle aree che la circondano, capillarizzandone fino all’estremo le sue infinite potenzialità.
A questo proposito, a volte, mi trovo a pensare a come sarebbero le nostre città se improvvisamente tutte le opere d’arte racchiuse nei musei, se non addirittura nelle loro cantine/caveau, si liberassero ovunque. Se negli angoli delle strade quadri e sculture si mescolassero alla gente. Se dai cantoni risuonasse bellissima musica. Se seduti in una panchina di un parco con un semplice clic potessimo iniziare ad ascoltare poesia e letteratura…
Chiudete gli occhi e immaginate tutto questo nella vostra città. Non sarebbe bellissimo?
Va da sé che ognuno di noi resterebbe libero di tirar dritto davanti ad una statua del Canova che improvvisamente sta lì accanto all’entrata del nostro negozio preferito, e seduto su di una panchina il clic potrebbe comunque farlo con il proprio iphone per ascoltare ciò che vuole.
Raggiungere le persone di una comunità con lo spettacolo dal vivo e l’arte in genere vuol dire avvicinarle alla bellezza, sostenerle, salvarle con la bellezza. Ma anche aiutarle a trovare nuove strade di vita, di riconoscimento e messa in discussione di se stesse, delle proprie passioni, delle proprie credenze abituandole all’ascolto, al dialogo, alla condivisione.
Per questo, se è importante che il teatro sia accessibile a tutti come luogo fisico, è altrettanto importante aumentarne la fruizione in ogni modo possibile.
Nei luoghi dove ho avuto la possibilità di operare come consulente artistico o come promotore di idee “intorno” al teatro, ho sempre cercato di progettare percorsi che, partendo dalla sala teatrale, si espandessero al suo esterno per interagire con le persone e magari, dopo averle sorprese ed incuriosite, motivarle a tornare a teatro o ad entrarci per la prima volta.
In un’epoca in cui la televisione ed il web sembrano travolgere irreversibilmente ogni altra forma comunicativa, credo sia importante moltiplicare la fruizione dello spettacolo dal vivo per tornare a renderlo fenomeno indispensabile ed irrinunciabile.
Fino a qualche decennio fa, e così da migliaia d’anni, andare a teatro era l’unico modo per vedere ed ascoltare storie. Mi stupisce e mi emoziona ancora il ricordo, tramandatomi da mio padre, del bisnonno Isidoro, cavatore, che da Massa, accompagnava in carrozza la moglie Lucia ad assistere alle opere liriche al Teatro del Giglio di Lucca. Lui stava fuori ad aspettarla, non c’erano palanche per due biglietti o forse la lirica lo annoiava.
Storie per emozionarci, divertirci, rispecchiarci. E, se proprio il teatro era irraggiungibile, qualche Carro di Tespi o un carreto dei commedianti dell’arte te lo portava fino alla piazzetta del villaggio.
Cito da wikipedia:
Carri di Tespi. Erano dei teatri mobili di cui si servivano i comici del teatro nomade popolare italiano per il loro teatro di strada, a partire dal tardo Ottocento. Venivano montati “su piazza” dalle compagnie girovaghe dei “guitti” e restavano allestiti per i giorni necessari a rappresentare, sera dopo sera, tutto il loro repertorio. Devono il proprio nome alla figura mitica del teatrante Tespi d’Icaria ed erano ancorati all’idea di un teatro di massa, di forte impatto emotivo e capace di veicolare la cultura teatrale fino alle fasce dimenticate di popolazione.
E ancora, la nascita di spazi espositivi aperti al grande pubblico, senza distinzione di classe sociale, è una conquista che non è ardito definire rivoluzionaria. Ha infatti una data ben precisa: 19 Settembre 1792. Mentre, da lì a poco, qualche testa avrebbe cominciato a rotolare per le strade di Parigi, il ministro Roland decretò il passaggio delle collezioni reali d’arte della corona di Francia alla nazione francese.
Si tratta di una data epocale, non solo perché è la data di fondazione dell’odierno Museo del Louvre, ma soprattutto per il fondamentale scarto con la tradizione precedente: la collezione non è più aperta al pubblico ma è del pubblico, è proprietà della nazione francese e, in quanto tale, la rappresenta ma anche la educa.
Per vedere tutto questo accadere anche in Italia, senza distinzione di classe o ceto, bisogna aspettare quasi un secolo e un momento storico altrettanto importane per noi: i primi musei aperti veramente a tutti nasceranno infatti dopo l’Unità di Italia.
Spesso si sente parlare di quanti abbonati sono aumentati in una stagione come unico metro di paragone tra una progettazione della cultura dello spettacolo dal vivo ben riuscita o meno.
Mi vengono i brividi solo a pensarci. Ma che vuol dire? Se ho molti soldi da spendere costruisco una stagione fatta dei Ronaldo o delle Ferragni di turno, riempo il teatro e sono stato bravo.
Anche le leggi nazionali e regionali sullo spettacolo sono ormai quasi completamente succubi degli astrusi algoritmi a scadenza annuale che le regolano come unico mezzo indicatore della validità di un progetto.
Un progetto ha bisogno di competenze e di tempo per svilupparsi e forse ci vuole altrettanto tempo semplicemente per idearlo attraverso un reale e forte confronto con il territorio in cui nasce e le persone che lo abitano.
Progettare il teatro, farlo funzionare, alimentarlo per un lungo periodo, è un mestiere. E come ogni mestiere deve essere svolto da persone ispirate e qualificate. Nessuno può saldare ponti, cavar denti o patrocinare imputati senza la dovuta preparazione ed esperienza.
Questo dovrebbe essere scontato in ogni luogo di lavoro, per ogni tipo di mestiere, soprattutto nei luoghi dove il lavoro e i mestieri sono a servizio della propria comunità e pagati dalle risorse della comunità stessa.
Ma negli ambiti pubblici culturali siamo sicuri che sia proprio così?
Non è che per il fatto che, non rischiando di veder cadere le campate di un viadotto mal costruito o condannare imputati innocenti per le incapacità della linee difensive, tutto sia preso un po’ alla leggera? Chi si fa male se il sistema teatrale di una società non funziona bene?
La figura dell’operatore teatrale (così come per altro quella dell’attore, del regista, dell’insegnante di recitazione…) nel nostro paese quasi non esiste, non è regolata praticamente in nessun modo, vale tutto e niente.
Beh allora chiudete ancora una volta gli occhi e pensatevi a comandare la costruzione della vostra casa a chicchessia o, se non vi sentite bene, a chiedere consulto al primo che passa sotto una vostra finestra, o ad affidare un diamante grezzo ereditato da una vecchia zia d’America da “tagliar in pietra preziosa” al vicino di casa… così come capita… lo fareste?
“Segnalatoci direttamente dalla Direzione del Teatro Stabile di Torino, il Maestro Andrea Battistini ha collaborato con il Comune di Nichelino negli anni dal 2004 al 2014, nel ruolo di Direttore Artistico e Direttore Generale del Civico Teatro Superga; Sotto la sua direzione che valutiamo estremamente proficua e positiva, il Civico Teatro Superga è divenuto un punto di riferimento piemontese per lo spettacolo dal vivo. La direzione del Maestro Battistini si e caratterizzata dal restituire il “teatro al teatro” proponendo stagioni con grandi testi classici, con un’accurata selezione degli interpreti e dei generi e comunque in un’ottica di un teatro popolare di qualità aperto alla citta e alle diverse generazioni.
Per l’Area Territorio, parte integrante del suo incarico, il Maestro Battistini ha dimostrato oltre che indubbie doti di docenza e progettazione, un’elettiva capacita di coinvolgimento dei giovani ed attenzione alle tematiche sociali, con un’azione che ha capilarizzato le iniziative portandole negli appartamenti, nei centri per anziani, nelle comunità di recupero e accoglienza, rivolgendosi alle fasce di disabilita, di terza età e di disagio in genere.
In particolare si rilevano:
l’apertura di una scuola di recitazione che ha trovato il suo punto più alto nella partecipazione di una parte dei suoi allievi in una produzione del Teatro Stabile di Brescia e che si è caratterizzata nel coinvolgimento costante degli allievi stessi in iniziative territoriali del nostro comprensorio.
i laboratori teatrali decentrati presso la popolazione scolastica, con la partecipazione di oltre un migliaio di studenti ad anno scolastico; laboratori strategici sia dal punto di vista della formazione dei ragazzi che della preparazione del pubblico;
la realizzazione di numerosi progetti di teatro sociale tra cui segnaliamo quelli rivolti alla diversa abilità in collaborazione con il CISA 12, quelli sulle tematiche della corretta alimentazione e dei disturbi alimentari promossi dalla CAMST e ancora il progetto denominato, per la sua peculiarità, “Teatro d’appartamento ” volto, in primo luogo, a portare spettacoli in luoghi non teatrali per permetterne la fruizione a soggetti con difficoltà a raggiungere il Teatro Civico Superga, attivando al contempo momenti di forte aggregazione tra vicini, condomini, colleghi di lavoro, familiari e conoscenti. Progetto, ci preme ricordare, che ha avuto il significativo riconoscimento ed il totale finanziamento da parte della Fondazione Compagnia San Paolo di Torino.”
Dott. Giovanni Carlo Franchino
Dirigente Area Servizi alla Persona e Area Cultura
Città di Nichelino – Città metropolitana di Torino